Emoji marketing, una delle ultime tendenze sui social media. Non ne siete convinti? Allora non seguite Smithsonian Institution, Domino’s Pizza, Twentieth Century Fox e Budweiser. O non siete al corrente che Coca Cola e Disney sono arrivate al punto di creare delle emoji personalizzate. Millennial e utenti Internet in genere stanno diventando sempre più “visivi” e i top brand cercano di adeguarsi alle loro preferenze, anche se l’uso di emoji nel marketing suscita più di qualche resistenza e perplessità. In un precedente articolo avevamo già parlato dell’iniziativa di Domino’s Pizza, cioè della possibilità di ordinare un prodotto direttamente con un’emoji. Oppure pensate all’ultima mossa di Facebook, che ha aggiunto le emoticons al semplice like.
L’agenzia Deep Focus, in una sua ricerca, ha messo definitivamente nero su bianco quello che si poteva capire intuitivamente dall’analisi comparata di landing pages, conversioni, diffusione dei meme, eccetera: 4 millennial su 10 preferiscono un’immagine ad un testo scritto e i messaggi che contengono immagini ottengono più engagement. Immagini, ed emoji in particolare, sono più immediate, richiedono meno caratteri (sappiamo tutti quanto i limiti di Twitter costringano alla sintesi) e non ultimo costituiscono anche un tipo di comunicazione simbolica divertente e non sempre così ovvia e banale.
Emoji Marketing: il 2015, anno delle emoji
Ancora più chiare le infografiche di Socialbakers Analytics, che mostrano la crescita dell’uso di emoji per 500 top brand, nel 2014 al 2015. I dati riguardano l’ultimo periodo dell’anno, da Ottobre a Dicembre, per Twitter e Facebook, e mostrano in modo comparativo l’aumento esponenziale dei tweet con emoji nel 2015 e una crescita decisamente significativa anche su Facebook.
(fonte www.socialbakers.com)
Sono aumentati sia il numero di post che contenevano le emoji, sia il numero di brand che ne fanno uso. Insomma, il mercato si adegua a questo nuovo modo di comunicare.
Emoji Marketing: qualche esempio creativo
Un’immagine vale più di mille parole. Anzi, forse il caso di dire che un’emoji vale più di mille parole. Includiamo qualche esempio “illustre” nell’uso di emoji nel marketing. Non includiamo la campagna del supereroe “scorretto” Deadpool (vi rimandiamo ad una ricerca su Google per questo) perchè la Twentieth Century Fox ha deciso, in onore del suo sboccato protagonista, di creare una campagna con “emoji-and-characters” altrettanto controversa, che comunque ha avuto il suo ottimo effetto. Per lo stesso motivo non includiamo direttamente un esempio, tutto italiano, di un’originale contest musicale online con cui il gruppo alternativo Linea 77 ha sfidato i propri follower e utenti, a colpi di emoji. (Ma anche qui, vi consigliamo di darci un’occhiata: un geniale uso della comunicazione simbolica e dei nuovi mezzi di comunicazione).
Includiamo invece un esempio di uso di emoji del prestigioso Smithsonian, a cui certo non si può imputare un approccio superficiale (lo Smithsonian è, per chi non lo sapesse, una delle realtà museali e culturali più importanti degli Stati Uniti: eppure il suo team di social media manager trova dei modi creativi e moderni per parlare di cultura, proprio con le emoji!). Per commemorare il giorno dedicato ai cuccioli, #NationalPuppyDay, ha anche selezionato, nella propria collezione di oltre 140 milioni di pezzi, un’opera giapponese adatta all’occasione, da abbinare alle emoji.
Anche in Italia, Roma per il Giubileo promuove dei tweet sponsorizzati con altrettante immagini. Un bell’esempio di emoji marketing.
E Bud Light riesce a trovare la formula giusta e divertente per commemorare il 4 Luglio americano. Non era facile trovare l’ennesima variazione sul tema della bandiera, simbolo al quale gli americani sono affezionatissimi, ma Bud Light c’è riuscita.
Con buona pace di chi storce il naso ad una comunicazione apparentemente “facile”. Il potere delle emoticon sui social media è decisamente in crescita. Le competenze richieste per creare campagne di successo? Come abbiamo visto, creatività e originalità, senza dimenticare di essere sempre chiari. Il limite tra una comunicazione simbolica comprensibile e una difficile da seguire è sottile: ma gli utenti, millennial in primis, diventano sempre più ricettivi e capaci di decodificare questo nuovo, stimolante modo di comunicare.