Generazione Z. L’82% di loro non ritiene rilevante l’orientamento sessuale. Quasi il 90% è sempre a costante contatto con il proprio smartphone. Passa almeno due ore su Youtube al giorno, per il 70%. Il 70% preferisce comprare online. Se i millennials sono cresciuti con l’Ipod, la Generazione Z, cresciuta a partire dalla fine degli anni novanta, è identificabile più con un altro prodotto della Apple, l’Iphone. E con i social network, naturalmente.
Le emoji sostituiscono spesso e volentieri le parole, e i social preferiti sono Snapchat, Instagram (con qualche resistenza) e Twitter, (giudicando Facebook un po’ passè: una fetta consistente appartenente alla Generazione Z a quanto pare lo usa poco o si è cancellata). Ancora, è la generazione più globale di sempre: ad essa appartengono immigrati di terza generazione, perfettamente integrati nei paesi in cui sono emigrati padri e nonni.
E’ la Generazione Z in una spicciolata di numeri e tendenze, analizzata lo scorso anno in un rapporto della J. Walter Thompson Intelligence, (la ricerca contiene case studies sulla Generazione Z del mondo anglosassone, in particolare Londra, Los Angeles, San Francisco e New York) a cui hanno fatto seguito analisi di Goldman Sachs Research, focus del New York Times e molti altri.
Segno che ci si sta accorgendo dell’impatto della generazione successiva ai Millennials, anche nell’economia. “Questa è la prima generazione ad essere nata in un mondo successivo ad Internet, letteralmente con un computer in mano” ha affermato un analista di Goldman Sachs Research, Cristopher Wolf.
Prima della Generazione Z: i Millennials.
Definire una generazione è sempre difficile, tanto che spesso non c’è accordo unanime né sulle date né sul nome, per dire la difficoltà di chiarire univocamente quando una generazione sfumi nell’altra. Ma sicuramente un concetto che aveva avuto successo ed era divenuto “operativo” per chi si occupa di marketing è “Millennials”.
Se i Millennials erano (all’incirca) figli dei baby boomers, la Generazione Z è figlia della Generazione X, che termina all’incirca negli anni ’80. E il marketing come detto era ed è tutt’ora impegnato nel cercare di catturare l’attenzione dei Millennials. Un po’ ribelli, un po’ velleitari, digitalizzati, i Millennials sono un gruppo nutrito di giovani che sono al centro delle attenzione delle campagne di marketing. Per il semplice fatto che si tratta di una delle fette di audience con più alto potere d’acquisto.
Ma, dati alla mano, la Generazione Z avrebbe a disposizione (dati che riguardano gli Stati Uniti) 44 miliardi di dollari e influenzerebbe, grazie alle dinamiche famigliari e sociali, acquisti per 200. Ecco spiegato il perché del recente e crescente interesse del marketing per questa fascia d’età.
La Generazione Z e il marketing
I baby boomers e la Generazione X avevano Microsoft e IBM (Olivetti in Italia); la Generazione Z cresce invece in un mondo dominato da altri colossi dell’IT, Apple, Facebook e Twitter. Si tratta della generazione più digitalizzata e quella più smaliziata per quanto riguarda il marketing. Riconosce a prima vista product placement e tentativi di manipolazione.
Sarebbero ancora poche le aziende che si sono rese conto dell’impatto di questa generazione nei social, essendo ancora concentrate sui Millennials. Il problema principale è proprio l’elevata reattività della Generazione Z al messaggio pubblicitario. Cresciuti in un contesto dove questo era pervasivo, sono insofferenti alle tecniche più tradizionali e richiederebbero partecipazione, magari social. Con la precisazione che la Generazione Z è anche al corrente che blogger e influencer a volte lavorano per i marchi.
Emily Sheffield, della divisione di Vogue che si occupa di questo giovane target, fa l’esempio dell’Ice Bucket Challenge: sono le iniziative benefiche con un risvolto social e potenziale di visibilità ad attrarre il target dei giovanissimi. Cioè qualcosa con valore (magari etico) aggiunto.
Esempi di marketing pensati per la Generazione Z
Visto il grande uso delle piattaforme video, come appunto Youtube, vista anche l’estrema concretezza e pragmatismo che sembra dimostrare questa generazione (anche rispetto ai Millennials, percepiti come meno focalizzati), la grande compagnia assicurativa americana Nationwide ha lanciato quindi nel 2015 una campagna e un canale Youtube dedicato all’audience dei giovanissimi.
Quali sono gli ingredienti per attirare questi giovani, quindi? Il board di Nationwide sembra avere le idee giuste: la chiarezza. Certo, può sembrare prematuro parlare di tasse, assicurazioni e pensioni ad un’audience così giovane, ma la sfida consiste appunto nel farlo in modo trasparente, moderno e accattivante.
Un ulteriore elemento, a parte la trasparenza, è l’engagement (questo elemento non sembra cambiare con la generazione precedente, semmai perfezionarsi.) Perfino Lidl ha pensato qualcosa in proposito, una campagna a colpi di hashtag che mettesse in premio la visibilità permessa dal comparire in uno spot Lidl, e l’iniziativa sembra aver pagato.
Senza dimenticare la lezione dell’Ice Bucket Challenge, che sembra aver mesmerizzato l’attenzione di questa fetta di audience: le nuove generazioni sono sempre più consapevoli, e devono percepire del valore sociale aggiunto, qualità autentica e trasparenza. Una generazione più difficile delle precedenti, che sarà vitale includere nelle proprie metriche e analisi.