Meerkat chiude. La notizia è recente, fresca dei primi giorni di Ottobre, e sancisce ufficialmente la chiusura di una “meteora” dei social network che l’anno scorso prometteva di fare faville ma che ha dovuto scontrarsi con la competizione spietata di giganti come Twitter e Facebook, perdendo la sua battaglia.
Solo nel marzo del 2015, si potevano trovare articoli che mettevano a confronto Meerkat coi suoi rivali e che puntavano sulla prima, perché si trattava – quello dello streaming per tutti – di un’idea innovativa su cui perfino il Wall Street Journal scommetteva.
La storia di Meerkat è la storia di una start up spuntata dal nulla che ha intuito una nicchia di mercato per i social. Nell’ombra, però, si annidavano i competitors, primo tra tutti Periscope, acquistato da Twitter per farne una sua feature nativa quasi prima che dell’esistenza di Periscope si accorgesse il grande pubblico.
100 milioni di dollari, investiti interamente per mettere i bastoni tra le ruote alla creatura di Ben Rubin. Poi vennero addirittura degli ostacoli software per impedire ulteriori diffusioni di Meerkat su Twitter. Un colpo basso, si potrebbe definire, tipico del mondo del business.
Meerkat chiude: ma il suo creatore non sta con le mani in mano
Interpellato da un giornalista, Ben Rubin afferma di non essersene stato con le mani in mano e mentre il mercato dello streaming per tutti veniva invaso da Periscope, Facebook Live e infine le dirette di Youtube (recente trovata di Google, all’inseguimento di quanto accade nei social), quindi già sei mesi dopo la creazione di Meerkat, ha iniziato in segreto la creazione di un’altra app, Houseparty. Che vanta al momento già un milione di utenti.
Ben Rubin ha cambiato un po’ idea sul suo core business. Se il nucleo centrale ruota sempre intorno alla diffusione di video, è cambiata l’idea del pubblico e della condivisione. Meerkat (e le altre piattaforme che l’hanno sostituita) punta sul broadcast, mentre la neonata Houseparty mira a tenere in contatto gruppi di amici (fino ad otto partecipanti).
E’ stata descritta anche come una app pensata per la Generazione Z. Il suo sviluppo è avvenuto quasi in segreto, con una distribuzione ad un pubblico selezionato di prova, senza diretti riferimenti al team di Meerkat. Vedremo se Ben Rubin ha avuto un’altra bella intuizione, e se stavolta saprà difenderla dalla concorrenza.