Social Media e Cultura in Italia: la ricerca #SocialMuseums
Da pochi giorni l’Associazione Civita ha presentato il Rapporto #SOCIALMUSEUMS. Social Media e Cultura fra post e tweet, con la presenza del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini. Il volume prende in esame il rapporto fra social media e mondo della cultura, un tema strategico in un momento di profonda trasformazione che sta investendo i nostri musei anche sul fronte del digitale.
I risultati della ricerca
Considerando che il tasso di digitalizzazione e penetrazione di internet in Italia è molto inferiore alla media europea (i social media sono usati da circa 36,5 milioni di italiani, ovvero ben il 60% dell’intera popolazione). Indagando su quantità e comportamenti del pubblico che fa uso di tali strumenti per entrare in relazione con le istituzioni culturali, la prima indagine, condotta da Civita con la collaborazione di UNICAB, rileva che sono circa 9 milioni gli italiani (il 36,6% della base degli intervistati) che impiegano i social a tale scopo, in prevalenza fra i 25 e i 44 anni.
I numeri dicono che sono soprattutto le giovani donne (18-25 anni) ad utilizzare i social per connettersi con le istituzioni museali; in termini di intensità delle relazioni sono invece i teatri e gli enti lirici e musicali ad avere un pubblico online più fidelizzato.
Analizzando i differenti utilizzi delle piattaforme social, i risultati della ricerca non sono ottimi, in quanto gli utenti utilizzano i social soprattutto per la fruizione virtuale e per scaricare materiali a disposizione delle organizzazioni culturali, mentre l’acquisizione di informazioni per la prenotazione o l’acquisto del biglietto d’ingresso sono molto sottoutilizzati. Rispetto alla semplice acquisizione o diffusione dei contenuti, la funzione creativa associata ai social media è ancora, in Italia, marginale.
Le cause del ritardo emergono con chiarezza in un’analisi incentrata sul rapporto fra istituzioni culturali e social media e volta ad indagare in che modo e con quali fini le prime utilizzano i nuovi strumenti offerti dal mondo digitale.
Definito, anzitutto, un campione di musei (italiani e stranieri) rappresentativo delle differenti offerte culturali, ne è risultato un insieme di 26 istituti culturali che ha permesso di individuare elementi positivi ed eventuali limiti dello sfruttamento delle opportunità dei social.
L’indagine mostra che l’utilizzo di tali strumenti come mezzo per entrare in relazione con i propri pubblici o per attrarre visitatori non costituisce ancora, per i musei nostrani, un obiettivo strategico e rilevante, ad eccezione dei musei d’arte contemporanea, capaci, al contrario, di richiamare non solo i più giovani.
Tali difficoltà dipendono dalla scarsa conoscenza delle effettive potenzialità dei social dovuta alla poca esperienza finora accumulata. Sono, pertanto Facebook, Twitter e Google+ (sono indietro Instagram, Pinterest e YouTube) quelli ritenuti più efficaci dai musei ed utilizzati, in particolare, per stimolare la creazione di contenuti autocreati e favorire l’apprendimento, arricchendo la fruizione o condividere contenuti.
L’indagine, infine, ha mostrato che le nuove piattaforme sono spesso implementate in connessione al sito web del museo; ciò serve ad ottimizzare l’uso di tutti gli strumenti a disposizione dell’istituzione ma anche ad arricchire il sito, impiegando tutti i supporti di comunicazione tramite l’uso di linguaggi diversi.
Per rispondere alla sfida di recuperare il tempo perduto e proporsi come soggetti dell’innovazione nell’utilizzo delle tecnologie social, le proposte forniscono indicazioni utili al superamento di alcuni vincoli attuativi. Al fine di intraprendere un’efficace comunicazione attraverso i social, i nostri musei non possono prescindere dal mettere in atto mirati investimenti sulle professionalità addette alla comunicazione museale.
In quest’ottica si potrebbe prevedere per i musei più visitati, di destinare le entrate aggiuntive alla formazione di personale qualificato, per migliorare l’interazione “social” con il pubblico, o di attivare collaborazioni con le imprese operanti nella comunicazione, mentre per musei con minore affluenza, di incentivare una gestione a rete dei servizi dedicati alla comunicazione, riducendo, in tal modo, i costi di gestione per le singole istituzioni. Una soluzione, quest’ultima, sperimentata con successo da musei che fanno capo alla stessa proprietà o localizzati sullo stesso territorio.
Il diffondersi dei social media si inserisce in una nuova visione del museo, dando vita a quello che è stato definito il “museo relazionale” o, nel contesto statunitense, enfatizzandone l’aspetto dinamico e interattivo.
In linea con questa nuova visione, si propone, pertanto, l’implementazione strategie digitali ben definite, coerenti con la mission dell’istituzione, misurabili nei risultati oltre che integrate fra i diversi media digitali impiegati dal museo.
Per i nostri musei, accogliere questo modello significa superare le riserve culturali legate ad una visione in genere “conservatrice” e conservativa del proprio ruolo.