Lo scopo non dichiarato di molti social network è quello di farci passare più tempo possibile davanti al monitor: ecco il motivo per cui è nato Social Media Zero. Facebook ci propone un feed personalizzato, Twitter trabocca di informazioni, articoli, approfondimenti, tendenze per essere aggiornati. Instagram propone miliardi di fotografie, che con i filtri adatti possono diventare più accattivanti. Snapchat ci affolla di immagini buffe la chat. WhatsApp è una costante fonte di messaggi, non sempre piacevoli. E potremmo continuare parlando di tutte le app che utilizziamo.
Più o meno tutti parlano costantemente di engagement e di come aumentarlo. Ovvero di come trattenere il più possibile gli utenti nella propria piattaforma, senza che saltellino da un link all’altro. Ecco quindi streaming direttamente in Facebook e Twitter, e tutta una serie di altre novità.
Invece cosa farebbe questo Social Media Zero?
Già dal nome, dovrebbe fare pensare al suo obiettivo, un obiettivo in assoluta controtendenza rispetto ai suoi competitor. Già perchè Social Media Zero è un social minimale, una proposta etica, che attraverso una serie di tecnologia mira a non “rubare” tempo agli utenti e ristabilire i confini tra umano e virtuale.
Se la concorrenza è impegnata accanitamente nell’obbiettivo inverso, Social Media Zero non propone pubblicità, controlla che l’utente pubblichi solo un post al giorno. Un luogo senza distrazioni continue, insomma, come sono in realtà Facebook, Instagram o Twitter. Il tutto sostenuto da un abbonamento premium.
Social Media Zero: gli esordi
Il progetto nasce come seconda idea dei creatori di 1 Second Everyday, un’applicazione inizialmente sviluppata da Cesa Kuriyama. L’idea è originale, quasi bizzarra: la registrazione di un secondo, ogni giorno, e la successiva creazione di un’unico film composto dai frame collezionati quotidianamente. L’app è disponibile dal 2013, sia per Android che iPhone.
Adesso, la novità: un’altra idea innovativa (sostenibile? Vedremo quanto in futuro) che forse farà strada, vista la definizione di “time-consuming” che viene appiccicata spesso a tutto ciò che ruota attorno a smartphone, applicazioni e social network. Il “Phubbing” d’altra parte è stigmatizzato spesso come il marchio di una generazione impegnata più nella propria vita virtuale che nella realtà.
Social Media Zero, potremmo esagerando parlare di “grado zero” dei social, in questo periodo sta raccogliendo fondi sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter. L’obbiettivo è quello di raccogliere 50 mila dollari. La strategia di raccolta fondi di Social Media Zero è semplice, efficace e un po’ inquietante: mostra semplicemente quanto tempo della nostra vita passiamo davanti ai social network, come Facebook.
Se anche voi pensate che i social network stiano prendendo un po’ troppo la mano agli utenti, forse sarà il caso di andare su Kickstarter e contribuire. Seguiremo gli sviluppi di Social Media Zero attentamente, per capire se una controtendenza può costituire un prodotto di successo che risponde all’esigenza di riappropriarsi di tempistiche più umane, magari con un tasso un po’ meno elevato di tecnologia.